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Nell' analizzare questo imminente naufragio e nel tentativo di rintracciare possibili , residue , vie di uscita , diventa sempre più difficile da rinviare un confronto-scontro con l' ingombrante generazione dei padri ( 2 ) , con coloro che da oltre 40 anni " occupano " il nostro paese e che , al di là di qualche rituale discorsetto sulla necessità di un rinnovamento generazionale ,
non
sembrano avere nessuna intenzione di mollare la presa .
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Qual è la storia
non
scritta dei fallimenti di questi sessantenni e settantenni di successo ?
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Ma , come intuiva già allora Jürgen Habermas " Le regole formali contro cui scendete in campo con tanto vigore dovrebbero essere realizzate interamente ,
non
già messe fuori gioco " .
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La questione , che riguardava più il domani che l' oggi ,
non
fu neppure affrontata .
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Ma forse , negli anni Dieci del Terzo Millennio ,
non
è più tempo di fare un processo al '68 .
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Perché i " giovani "
non
si ribellano ?
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È anche una questione di immaginario Nei discorsi pubblici e in quelli privati arriva sempre il momento in cui , da qualche esponente della generazione dei padri , perlopiù se messo alle strette sulle sue responsabilità , giunge la domanda : " Ma allora perché voi
non
vi ribellate ?
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La risposta a quella domanda e alla remissività della generazione dei figli ,
non
può che risiedere anche nell' educazione e nell' immaginario in cui quei figli sono stati fatti crescere ( 4 ) .
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" ha ormai il sapore antico dei nonni di una volta e , difficilmente , potrebbe essere stata pronunciata da un sessantasettenne di oggi , come quel Pier Luigi Celli , direttore generale della Luiss , una delle più prestigiose università private italiane , e autore di una " Lettera al figlio " pubblicata in prima pagina , sulla Repubblica , il 29 novembre 2009 che suonava più del tipo : " Figlio , qui è tutto mio e
non
mi basterà nemmeno per molto , tu vai via , lascia l' Italia , vatti a cercare qualcosa lontano da me ...
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Contrapposta a una generazione cortese , di prego si accomodi , una generazione mai liberatasi da quella X , segno di indeterminazione , con cui era stata marchiata , fatta di ragazzi che
non
alzano la voce , che scelgono il dialogo , che provano ad argomentare una resa in tempi senza alcuna certezza .
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Immagini come quelle che scorrevano sugli schermi di tutta Italia a partire dal 9 ottobre 1980 : un padre ingombrante , cattivo , che per restare giovane e al comando ricorre a sofisticati interventi chirurgici e che , pur di
non
lasciare strada al figlio , è disposto a sfidarlo in un duello all' ultimo sangue e ad amputargli una mano .
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Oppure storie di trentacinquenni tristi , di precari senza speranza , di " bamboccioni " incapaci di lasciare il nido domestico , di ex ragazzi che
non
riescono a far emergere la propria voce , di giovani stelle della politica che non riescono a guadagnarsi la scena che per pochi minuti prima di essere riassorbite nell' ingranaggio che ha progettato per loro un futuro da giovanili burocrati cinquantenni ( 10 ) .
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Oppure storie di trentacinquenni tristi , di precari senza speranza , di " bamboccioni " incapaci di lasciare il nido domestico , di ex ragazzi che non riescono a far emergere la propria voce , di giovani stelle della politica che
non
riescono a guadagnarsi la scena che per pochi minuti prima di essere riassorbite nell' ingranaggio che ha progettato per loro un futuro da giovanili burocrati cinquantenni ( 10 ) .
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In tutto il mondo occidentale sembra che l' età apparente abbia soppiantato l' età anagrafica , si vivono stagioni multiple insieme , e la sessualità
non
si piega più né al tempo né al mutare del corpo " come scriveva in prima pagina Repubblica proprio poche ore prima che Sergio Marra decidesse di darsi fuoco spegnendo il suo vento di vita ( 11 ) .
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Quella inchiesta
non
fa che confermare quanto sia complicato stabilire chi sono i vecchi nel nostro paese .
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Misurare un fallimento dalle aspettative se il cambiamento
non
dura è effimero Nella sua scaltra lettera Pier Luigi Celli , perlomeno , dice di aver fallito , ammette la sconfitta di una generazione che è riuscita a conquistare e a mantenere il potere , ma che ora sta scoprendo di aver danneggiato , forse irreparabilmente , il meccanismo di trasmissione della società .
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Quella ammissione , va dato atto a Celli ,
non
sono in tanti della sua generazione ad averla saputa fare .
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Il ministro è poi tornato sull' argomento ripetutamente , tradendo infine , dietro argomentazioni anche condivisibili per gli esponenti della generazione dei figli , le sue reali intenzioni : attaccare , da destra , la Cgil , propugnare un' idea del mercato del lavoro ancora più deregolamentata , cancellare l' articolo 18 e le altre garanzie previste dallo statuto dei lavoratori e , solo alla fine , autoassolversi per essere " arrivato a 30 anni che
non
ero capace di rifarmi il letto " .
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Così come risulta evidente , all' indomani delle loro sconfitte , la lenta trasformazione di quegli stessi sogni collettivi in un generale ripiegamento all' indietro , verso il riflusso egoistico e medio-borghese che , dagli anni Ottanta in poi , ha in molti casi fatto ritrovare dalla stessa parte ( tralasciando divisioni politiche troppo spesso manieriste ) chi ha rinunciato all' idea di cambiare realmente le cose e chi
non
ha mai voluto farlo .
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Un vecchio reazionario ( Eastwood è del 1930 ) , un " nonnetto " reduce di guerra , un operaio capace di costruire con le sue mani un auto ( la Ford Gran Torino ) , una casa e una società intesa come interazione tra soggetti culturali diversi ( irlandesi , italiani , polacchi ) si confronta con suo figlio , che è " solo un consumatore , un individualista soffocato e ottenebrato da beni materiali di cui
non
conosce il funzionamento " , un " medio-borghese pasciuto " che ha dissipato il patrimonio morale e storico che traumaticamente la generazione precedente aveva saputo creare " ora in nome di un ricambio generazionale , ora di un progresso sociale o di una ribellione " .
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