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I miei risvegli all' alba , alla luce fioca dell' inverno ,
le
notti , di ritorno dal lavoro , chino sul pc portatile , la luce bassa del salotto , nella mia grande casa vuota .
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Dopo di che , ciao Marzia , tu e
le
tue unghie curatissime , e quel difetto palatale , che ti fa sembrare , di più al telefono , la nonna di quella che legge il bollettino per i naviganti alla radio .
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Si , ciao Marzia ,
le
dico non appena nella sala , ancora vuota , mi sorride mentre è assorta sulle sue carte , gelosamente custodite in una valigetta Louis Vuitton , che le sarà costata un occhio , a quanto ho sentito remunerano il suo lavoro .
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Si , ciao Marzia , le dico non appena nella sala , ancora vuota , mi sorride mentre è assorta sulle sue carte , gelosamente custodite in una valigetta Louis Vuitton , che
le
sarà costata un occhio , a quanto ho sentito remunerano il suo lavoro .
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Nel traffico , sprofondato nel sedile di dietro del taxi , mentre avanzavamo con passo lentissimo , tagliando come una lama nel burro , il traffico ingessato del pomeriggio , per
le
vie del centro , mi sono trovato , in modo un po infantile , a cercare il suo volto dai riflessi delle vetrine dei negozi , delle donne con una fisionomia simile alla sua .
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Come quella di un adolescente che manda sms alla radio libera di turno per tentare di rintracciare quella ragazzina bionda con
le
trecce , si , proprio lei e nessun'altra , ignaro della difficoltà dell' impresa , per non aver saputo prendere l' iniziativa di approcciarla , che so , magari sull' autobus , in un vagone della metro , dentro qualche media-store , prima che quel miraggio sparisse nei ventre della città , condannandolo ad una ricerca vana quanto disperata .
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Ho sete ,
le
dico .
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Vecchie mummie davanti alle quali , in tanti mi hanno suggerito di strisciare , di inviare
le
mie penose lettere di accompagnamento , per validare la mia fatica .
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Mentre mi gusto la scena , il conflitto dei colori coi quali sono vestite ,
le
loro collane pacchiane , l' occhio mi cade dall' altra parte della strada , giusto di fronte alle vetrine della libreria , dalle quali campeggia , messo su come tanti mattoni a comporre una piramide , il mio libro , la mia creatura .
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Certo ,
le
somiglia , ma questa mi appare più grassa .
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Riscendo
le
scale al contrario .
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Gente di tutte
le
età si accalca sulle poche sedie disponibili .
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I più giovani incrociano
le
gambe e si sistemano a semicerchio , per terra , davanti al tavolo sul quale Marzia , amante della scenografia qual ' è , non ha mancato di sistemare un vaso con una manciata di rose arancione .
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I critici pavonescamente infilati nei loro abiti griffati ,
le
gambe accavallate a sottolineare , insieme ad un due per cento di dovere professionale , anche una esibita indifferenza .
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I loro calzettoni dissonanti ,
le
camicie bottom-down , sapientemente scollate .
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Poche
le
cravatte , fra gli astanti .
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Cominciano
le
domande .
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Leggono
le
cronache di un resuscitato .
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Questa mania per la sfiga , quasi ad esorcizzare
le
loro adolescenze edulcolorate appena finite e giudichino necessario questo lavacro nel male , per dirsene poi , come per contrappasso , liberati .
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I camerieri del catering girano coi loro vassoi facendosi largo a stento , fra
le
sedie e le persone .
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