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In questa prospettiva i due principii si integrano a vicenda , costituendo la buona fede un canone generale cui ancorare la condotta delle parti , anche di un rapporto privatistico e l' interpretazione dell' atto giuridico di autonomia privata e , prospettando l' abuso , la necessità di una correlazione tra i poteri conferiti e lo scopo per i quali essi
sono
conferiti .
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Così , in materia societaria è
stato
sindacato , in una deliberazione assembleare di scioglimento della società , l' esercizio del diritto di voto sotto l' aspetto dell' abuso di potere , ritenendo principio generale del nostro ordinamento , anche al di fuori del campo societario , quello di non abusare dei propri diritti - con approfittamento di una posizione di supremazia - con l' imposizione , nelle delibere assembleari , alla maggioranza , di un vincolo desunto da una clausola generale quale la correttezza e buona fede ( contrattuale ) .
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E , con riferimento ai rapporti di conto corrente , è stato ritenuto che , in presenza di una clausola negoziale che , nel regolare tali rapporti , consenta all' istituto di credito di operare la compensazione tra i saldi attivi e passivi dei diversi conti intrattenuti dal medesimo correntista , in qualsiasi momento , senza obbligo di preavviso , la contestazione sollevata dal cliente che , a fronte della intervenuta operazione di compensazione , lamenti di non esserne
stato
prontamente informato e di essere andato incontro , per tale motivo , a conseguenze pregiudizievoli , impone al giudice di merito di valutare il comportamento della banca alla stregua del fondamentale principio della buona fede nella esecuzione del contratto .
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1175 e 1375 c.c. , la cui funzione è integrativa del contratto sociale , nel senso di imporre il rispetto degli equilibri degli interessi di cui le parti
sono
portatrici .
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È
ravvisabile , in sostanza , quando , nel collegamento tra il potere di autonomia conferito al soggetto ed il suo atto di esercizio , risulti alterata la funzione obiettiva dell' atto rispetto al potere che lo prevede .
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) , non può escludersi che il recesso di una banca dal rapporto di apertura di credito , benché pattiziamente consentito anche in difetto di giusta causa ,
sia
da considerarsi illegittimo ove in concreto assuma connotati del tutto imprevisti ed arbitrari ( Cass .
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La liquidazione dei danni
è
fatta a norma del comma precedente In ogni caso , quando pronuncia sulle spese ai sensi dell' articolo 91 , il giudice , anche d' ufficio , può altresì condannare la parte soccombente al pagamento , a favore della controparte , di una somma equitativamente determinata .
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La cultura giuridica degli anni '30 fondava l' abuso del diritto , più che su di un principio giuridico , su di un concetto di natura etico morale , con la conseguenza che colui che ne abusava
era
considerato meritevole di biasimo , ma non di sanzione giuridica .
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Criterio rivelatore della violazione dell' obbligo di buona fede oggettiva è quello dell' abuso del diritto Gli elementi costitutivi dell' abuso del diritto - ricostruiti attraverso l' apporto dottrinario e giurisprudenziale - sono i seguenti : 1 ) la titolarità di un diritto soggettivo in capo ad un soggetto ; 2 ) la possibilità che il concreto esercizio di quel diritto possa
essere
effettuato secondo una pluralità di modalità non rigidamente predeterminate ; 3 ) la circostanza che tale esercizio concreto , anche se formalmente rispettoso della cornice attributiva di quel diritto , sia svolto secondo modalità censurabili rispetto ad un criterio di valutazione , giuridico od extragiuridico ; 4 ) la circostanza che , a causa di una tale modalità di esercizio , si verifichi una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare del diritto ed il sacrifico cui è soggetta la controparte .
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In questa prospettiva , si
è
pervenuti ad affermare che il criterio della buona fede costituisce strumento , per il giudice , atto a controllare , anche in senso modificativo od integrativo , lo statuto negoziale , in funzione di garanzia del giusto equilibrio degli opposti interessi .
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È
fatto salvo il disposto dell' articolo 1355 del codice civile .
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Il problema è che l' abuso di diritto , come principio generale , non
è
previsto dal nostro ordinamento .
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Questo contesto culturale , unito alla preoccupazione per la certezza - o quantomeno prevedibilità del diritto - in considerazione della grande latitudine di potere che una clausola generale , come quella dell' abuso del diritto , avrebbe attribuito al giudice , impedì che fosse trasfusa , nella stesura definitiva del codice civile italiano del 1942 , quella norma del progetto preliminare ( art. 7 ) che proclamava , in termini generali , che " nessuno può esercitare il proprio diritto in contrasto con lo scopo per il quale il diritto medesimo gli è
stato
riconosciuto " ( così ponendosi l' ordinamento italiano in contrasto con altri ordinamenti , ad es .
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Ne consegue che la clausola generale di buona fede e correttezza
è
operante , tanto sul piano dei comportamenti del debitore e del creditore nell' ambito del singolo rapporto obbligatorio ( art. 1175 cod .
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Del principio dell' abuso del diritto
è
stato , da ultimo , fatto frequente uso in materia tributaria , fondandolo sul riconoscimento dell' esistenza di un generale principio antielusivo ( v. per tutte S.U. 23.10.2008 , nn .
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E nella formula della mancanza di tutela , sta la finalità di impedire che possano
essere
conseguiti o conservati i vantaggi ottenuti - ed i diritti connessi - attraverso atti di per sé strutturalmente idonei , ma esercitati in modo da alterarne la funzione , violando la normativa di correttezza , che è regola cui l' ordinamento fa espresso richiamo nella disciplina dei rapporti di autonomia privata .
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Questo contesto culturale , unito alla preoccupazione per la certezza - o quantomeno prevedibilità del diritto - in considerazione della grande latitudine di potere che una clausola generale , come quella dell' abuso del diritto , avrebbe attribuito al giudice , impedì che
fosse
trasfusa , nella stesura definitiva del codice civile italiano del 1942 , quella norma del progetto preliminare ( art. 7 ) che proclamava , in termini generali , che " nessuno può esercitare il proprio diritto in contrasto con lo scopo per il quale il diritto medesimo gli è stato riconosciuto " ( così ponendosi l' ordinamento italiano in contrasto con altri ordinamenti , ad es .
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Il principio della buona fede oggettiva , cioè della reciproca lealtà di condotta , deve accompagnare il contratto nei suo svolgimento , dalla formazione all' esecuzione , ed ,
essendo
espressione del dovere di solidarietà fondato sull' art .
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Con il rilievo che tale canone generale non impone ai soggetti un comportamento a contenuto prestabilito , ma rileva soltanto come limite esterno all' esercizio di una pretesa ,
essendo
finalizzato al contemperamento degli opposti interessi ( Cass .
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E , con riferimento ai rapporti di conto corrente , è stato ritenuto che , in presenza di una clausola negoziale che , nel regolare tali rapporti , consenta all' istituto di credito di operare la compensazione tra i saldi attivi e passivi dei diversi conti intrattenuti dal medesimo correntista , in qualsiasi momento , senza obbligo di preavviso , la contestazione sollevata dal cliente che , a fronte della intervenuta operazione di compensazione , lamenti di non esserne stato prontamente informato e di
essere
andato incontro , per tale motivo , a conseguenze pregiudizievoli , impone al giudice di merito di valutare il comportamento della banca alla stregua del fondamentale principio della buona fede nella esecuzione del contratto .
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