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Nacque a Brescia verso il 1653. Si ritiene che effettuò i suoi studi con Legrenzi a Venezia , luogo in
cui
nel 1655 diventò membro del coro nella cappella ducale di San Marco .
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Nel 1675 ricoprì la carica di maestro di cappella nella cattedrale di Brescia , città in
cui
esordì come operista , ma nel 1690 , attratto dalla città lagunare , era di nuovo in San Marco a Venezia come secondo organista e , dal 1692 , come vice maestro della cappella .
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Concorse anche all' incarico di direttore , affidato poi invece ad Antonio Biffi nel 1701. Fu giubilato nel 1719 , momento in
cui
già da qualche tempo lo sostituiva nelle frequenti assenze , il figlio Antonio .
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Ad analoghi intendimenti si attiene ONORIO IN ROMA , in
cui
rimarchevole è l' impiego del trattamento delle parti strumentali in sé e in relazione alla delineazione della melodia vocale .
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ONORIO IN ROMA presenta un' altra aria degna della maggior capacità creativa di Carlo Pollaiolo : Siamo nel Terzo Atto e il protagonista , afflitto dal lato sia politico per il vacillare dell' impero sia dal lato sentimentale per l' infedeltà di Termanzia , canta un' aria " da sonno " che si sostanzia in un accompagnamento meramente armonico a valori uniformi , ribattuti e molto ostinati , composto da 3 corde , prive di cembalo , in
cui
si inserisce il declamato lamentoso , affannosamente segmentato da pause ricorrenti .
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In sostanza regna , lo stile francese , soprattutto di Lully , nell' opera ONORIO IN ROMA , ne sono esempio : il colore timbrico di un oboe che , in alternanza con gli archi , diffonde in un' altra aria di Onorio , celebrante la pace con i Goti ; la pacata spigliatezza di quella specie di vaudeville , su testo francese ( probabile eco di ciò che si cantava allora alla commédie italienne di Parigi ) ,
cui
dà voce l' innamorata Termanzia contemplando Onorio addormentato ; il ballo in forma di ciaccona danzata e cantata alla fine del Terzo Atto dalla globalità degli 8 personaggi .
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LUCIO VERO del 1700 , la
cui
fortuna fu decretata anche dall' armonico libretto di Zeno .
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VENCESLAO del 1702 , nella
cui
prima rappresentazione veneziana s'inserirono bizzarri Balli di seguaci della discordia , di scultori polacchi , di popoli festeggianti .
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LA FIGLIA CHE CANTA del 1719 , libretto di F. Passarini , la
cui
particolarità di divertimento drammatico , ci permette di inquadrarla nella serie delle operette comiche , si sostanzia con inserzioni dialettali , che richiamano a sua volta le tradizioni romane commedie per musica del Seicento , che fiorirono nel primo Settecento in opposizione alle prevalenti opere serie .
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La vasta produzione di Carlo Pollarolo non esclude gli oratori , che richiamano comunque lo stampo teatrale : inoltre Pollaiolo si è cimentato pure in varie composizioni vocali sacre e profane , che comunque nulla aggiungono alla gloria dell' operista - e per organo , fra
cui
una Sonata a capriccio , nota a Johann Sebastian Bach .
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